flânerie e viaggetti

Via Valgia Silvilla e i refusi architettonici

Esistono strade che, nonostante tutta la buona volontà, sembrano refusi. E quella di cui parlo oggi lo è e lo è stata per me, doppiamente. Per quell’incidenza declinata dell’errore redazionale che discende dal teorema di Murphy, infatti, è diventata via Valgia Sigilla da via Valgia Silvilla come dovrebbesi (tecnicamente appartiene a quel fenomeno di intelligenza artificiale che va sotto il nome di “correttore ortografico”). E purtroppo la mutazione in corsa non ha reso possibile rimedi ed è rimasta “carta canta” (e canta male). Era in “Amarsi a Roma” (Edizioni Ponte Sisto) ed è ancora lì salvo riedizione più precisa. Ma, come sa chi nell’editoria lavora, il refuso si annida non visto tra lettere che lo nascondono, parole che lo schermano. Lo stesso accade talvolta in urbanistica. Spesso strade non pensate come tali, tali diventano. E rimane il dubbio alla fine se trattasi di un refuso viario o di una forzatura del pensiero iniziale. Una piccola stradina che sembra quasi chiusa e, invece, connette via Tuscolana a via Genzano. Da una parte con accesso stradale, dall’altra pedonale: ed è già un cortocircuito o una forma di bifrontalità.

Qui dietro via del Velodromo con la sua bella e piccola osteria. Un universo chiuso, residenziale ma con riserbo, senza esibizionismo. Il Velodromo non c’è più e con esso anche la memoria di quella prima partita che vi giocò l’AS Roma. In tempi in cui si muoveva in una successione di campi. Come, peraltro, la SS Lazio. Sempre da queste parti furono girate le scene della borgata de “Lo scopone scientifico”, indimenticato film di un Albertone Sordi disperatamente perdente e malmesso. Di via Valgia Silvilla scrissi che mi sembrava nome da prontuario medico. Omeopatia? Cura di malattie “femminili”, come si scriveva una volta manifestando tutto il machismo dei medici ottonovecenteschi? Sarebbe bello che qualcuno, se non l’ha fatto, storicizzasse il razzismo degli uomini di scienza di una volta. Un suggerimento ve lo posso dare: lessi tanto tempo fa un libro sulla nascita dei vibratori come cura all’isteria (“Tecnologia dell’orgasmo. Isteria, vibratori e soddisfazione sessuale delle donne” di Rachel P.) e vi trovai una curiosa ostentazione di questo miscuglio sesso, aggressione di genere, psicosi. Ma non divaghiamo e torniamo all’urbanistica. Una domenica sonnolenta, magari quella sezione pomeridiana, transitate per questo piccolo passaggio quasi iniziatico della Tuscolana. O fatelo nelle prime ore del mattino. Quelle che portano a spasso con identico guinzaglio i cani e i loro proprietari: tutti sacrificati all’incombenza senza neppure più il senso di chi comanda chi, chi tiene chi. Scoprirete quel mondo casuale che le strade senza viabilità automobilistica conservano come un premio conquistato senza troppe manovre.

Si tratta di un prezioso orpello a una città che non si concepisce se non per attraversamenti di lamiera. Se lo farete per vostra decisione tutto vi apparirà magico e non avrà quegli improperi naturali di chi si perde quando non vorrebbe. Si potrà scegliere la fermata metro Arco di Travertino (più vicina) o Colli Albani e cercare di raggiungerle questa vietta a forza di stradine interne. Scoprire un mondo ibrido in cui alla “rimediatezza” delle costruzioni stile Quadraro si miscela la palazzina decorosa e il pensiero condominiale della Tuscolana o dell’Appia, organizzato per scale e piani in successione. Tanti.

Una vera piccola frontiera in cui qualcosa va verso l’organizzato dallo spontaneo. E davvero non è una legge del bene questa. Fate buoni passi.

Da fare

Mangiare a Osteria Numerosette – Via Albano 9a – tel. 06 789170

Una cenetta all’Osteria del Velodromo Vecchio – Via Genzano, 139/141 – tel. 06 7886793

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).