racconti

All’epoca che le fanciulle

“All’epoca che le fanciulle” è il campionario di corpi femminili marcati dall’età di sessant’anni che Cetta Petrollo affida alle stampe e alla curatela di ZONA. Ne leggiamo un estratto ringraziando autrice ed editrice.



“Quanto di morte noi circonda e quanto / tocca mutarne in vita per esistere”: che bello che questi versi di Elio Pagliarani anticipino la lettura del libro di prose “poetiche” di Cetta Petrollo. E che bella la copertina di Ester Grossi, raffinata pittrice bolognese-abruzzese. Più che di un viaggio “alla ricerca del tempo perduto” si tratta di un’anticipazione perché “l’autrice qui progetta una costruzione a venire” come scrive nella prefazione Loredana Magazzeni. “All’epoca che le fanciulle” è questo scarto tra i tempi e la verità/finzione.

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La Petrollo ci proietta, infatti, in un tempo futuro che è un tempo passato – come se fosse già accaduto e dovesse al contempo accadere. In un’epoca: “All’epoca che le fanciulle avevano sessant’anni un gran mago chiese che cosa loro volessero ancora dalla vita” la vita conosce le loro aspettative. La fiaba fa capolino e le donnne di notte non dormono ma preparano torte, si difendono dalle palline da tennis lanciate contro i loro visi. Il mago va e viene: non ci si può far conto, insomma. E si può pensare come nella chiusa del brano che ne estraiamao che non sia cosa vera questo racconto né la vita che vi si racconta.

All’epoca che le fanciulle 7 (23 dicembre)

All’epoca che le fanciulle avevano cautamente, accortamente, ricominciato a dormire e delle quattro lune in cielo se ne erano già spente due perché si sa le lune in cielo certe volte si spengono e non c’è una ragione, si spengono e basta sarà che arriva l’alba sarà che è come in una favola come appunto la favola delle fanciulle che uno arriva

e inizia a cancellare il disegno e comincia a cancellare una luna per esempio durante una telefonata della sera e poi ne cancella un’altra per esempio durante una telefonata del pomeriggio e già si vede che pure la terza di luna ha i contorni sbiaditi sicché le fanciulle smettono di guardarle le lune per non soffrire troppo della loro rapida dissolvenza come se

qualcuno passasse in casa spegnendo ad una ad una le lampadine delle stanze e si rivolgono dunque al foglio di carta su cui stanno scrivendo che quello su cui stavano disegnando ha assorbito il colore e diventa spugnoso e il disegno è confuso mentre appena un attimo prima era nitido con tutte le sue lune nel cielo stellato, all’epoca dunque che le fanciulle avevano nuovamente iniziato a raccogliere cose durante la passeggiata, magari

una frase rimasta a metà, magari un punto e virgola, magari un avvio di mattina, un sms sperduto, le righe della chat come uno scoiattolo veloce, e in questo percorso cautamente di nuovo evitavano i cespugli delle parole che si sa le parole sono pericolose e si facevano piccole, piccolissime, pronte a sgusciare via e a mettere le ali,

le ali lasciate lì, sempre nel disegno, dietro al tronco di un albero, ecco se ne intravede una. E facendosi sempre più piccole, sempre più piccole, poteva darsi che loro per prime cancellassero con delicatezza se stesse per non bucare il foglio che poi davvero non ne rimane più niente, che chissà poi che fatica a ritrovarsi perché quando adoperiamo la gomma da cancellare, quella giusta, morbida, col filetto blu al centro, non è detto che rimanga l’impronta,

quel grigio che fa intravedere il disegno di prima e può essere che il foglio rimanga bianco, bianchissimo anche se non bucato, che poi è nuovamente l’alba ed è passato appena un mese che si sono accese le lune e che loro si raccontano e non si può vedere davvero, non si capisce più, essendo giorno, quante lune sono rimaste appese nel cielo.

Ma questa naturalmente non è una storia vera, è semplicemente la settima delle fanciulle, che si sa, la vita è un’altra cosa.
Questo dicono i saggi.