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Andare al mare

Una questione tutto sommato balneare.




Non c’è che dire, un certo modo di andare al mare (pensate a “Il sorpasso”), è vintage. O così sembra a vederlo da oggi. Un altro non presenta più i suoi vantaggi (pensate al tardivo Sordi sul bagnasciuga con melanzane alla parmigiana o lasagna): volete mettere caricarsi in spiaggia pesanti cassette refrigerate, sedie e panchine? Forse è solo in crisi il modello della famiglia allargata almeno quanto quello picaro gassmaniano. Forse è solo sparita quella porzione di spiaggia libera che incoraggiava questi accampamenti o questo andare disorganizzato. Ma il litorale è sempre più “ristorantizzato”. Non serve fare gli sboroni e portarsi un catering da casa.

Ma il dubbio è che siamo noi che siamo diventati vintage. Eppure quell’aria scanzonata, quello stereo canzonante, la brezza fresca dai finestrini o nelle spider (per i più bene in arnese) si possono dire tramontate. Una giornata al mare soli e con mille lire. O anche un pomeriggio con “du scudi”. E l’aria di bastare a se stessi. L’audacia per la tintarella, il cinquantino special guidato a spasimo sull’Aurelia verso la Fregene o oltre. Tutto questo ha forse una data di fine.

Pastelli ad olio su stampa - Carvelli
Pastelli ad olio su stampa – Carvelli

Ma non si tratta di nostalgia – anche cinematografica, anche musicale – ma di un dato di fatto un po’ automobilistico. Arrivavi là a Piazza Pio XI ed ecco che dovevi scegliere. Una targa ti intimava un andare trino. Una targa che almeno finché l’ho fotografata era ancora lì con tutta la sua azzurra simbolicità marina.

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Ora arrivi e l’idea precisa del navigatore che ti porterà casa-acqua. L’avventura di questi cartelli è smarrita. Vai e vedrai. O vai dove devi andare: Fregene (lefricsoscìc), Maccarese (a risparmio), Ladispoli (che bella la pipinara!), Santa Severa (ami il mare più savage), Santa Marinella (te la tiri un po’, anche solo preventivamente).

Quella scritta a Pio XI, diceva che per quella via si poteva raggiungere in ordine di grandezze multiple un mare sempre più estroso. Non si limitava alla gita fuoriporta ma era un invito al viaggio. Un invito che oggi i più effettuano in treno e, allora, nomen omen con l’Aurelia (sull’Aurelia).

Se un giorno quel modo di andare “prendi e vai”, moderno picaro, che culmina nel “Sorpasso” risiano, tornasse vorrebbe dire che il progresso non ci ha anestetizzato – eliminando tra l’altro le grandi forbici sociali villico/coatto, studentemodello/avventuriero -, non ci ha costretto alla pianificazione, al calcolo del traffico. Piuttosto si tornerà al bollettino dei naviganti e allora vorrà dire che siamo davvero tornati indietro. Ma magari.

 

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).