flânerie e viaggetti

Arcobaleno sull’Ikea

Questo racconto era uscito nel 2009 su accattone.org. Lo ripubblico in una versione leggermente rimaneggiata.


La didascalia della foto dice semplicemente “Arcobaleno sull’Ikea” come se fosse una cartolina. Chi l’ha scattata sostiene non trattarsi di advertising, annuncio a pagamento, induzione all’acquisto con partnership meteorologica. Nega sia stata scattata in un giorno di offerte speciali, contesta trattarsi di un’elaborazione di luci per attrarre l’attenzione dei passanti sul supermercato della casa.

Chi l’ha scattata e me l’ha inviata sostiene che l’immagine rivelerebbe uno stato altro dell’essere e che anzi “essere”, in definitiva, non sia proprio il termine della questione. Piuttosto qualcosa come un piccolo miracolo, un segno di attenzione ulteriore al creato e alle sue magie in offerta. Nelle parole non ricorrono parole catartiche come: Henriksdal, Sundvik, Sniglar, Brimnes, Ektorp, Kallax.

Nella mail, in cui questo tipo esprimeva il desiderio di incontrarmi, mi spiegava che era a conoscenza di un fatto che riguardava la foto ma che non poteva scriverlo né dirlo al telefono. Ci dovevamo incontrare. “Ci vogliono far capire qualcosa” mi ha detto quando ci siamo visti. “Loro, loro” ripeteva sempre questo “loro” e mi guardava come per essere certo che avevo capito a chi si riferiva “loro vogliono far sapere che ci sono. Ci stanno mandando dei segnali. Vogliono che noi sappiamo che stanno qua sopra.

È questo il luogo che hanno scelto per esprimersi, per far sapere la loro verità”. Ma perché questo? Perché avrebbero scelto la succursale tuscolana di questo marchio svedese? Ammiccava, sottintendeva ma non una risposta chiara. Mi ha spiegato un certo gioco di lettere anagrammando il nome di alcuni prodotti in vendita nel magazzino. Ogni lettera si leggeva, attraverso una serie numerica che aveva scoperto, come un’altra lettera. Le lettere componevano nuove parole in latino e greco: una in latino e due in greco, due in latino e una in greco. L’esito della sciarada era un messaggio che ho fatto l’errore di non trascrivere e che ora non ricordo.

Ormai il patto della verità si era infranto e non credevo più una parola di quello che mi diceva. Ma ho fatto male. Ora non posso dire di sapere di questa verità ulteriore e sull’Ikea mi è rimasta l’ombra sinistra di uno sguardo dall’alto che ci sorveglia, ci monitora, ci studia. È come se non riuscissi più a guardare serenamente un set di piatti, ad aprire i cassetti di un mobile, spalancare le ante di un armadio, sedere su un divano e provarne la resistenza senza sentire il brivido di un aldilà, per quanto colorato.

L’Ikea a Roma – ad Anagnina prima che sbarcasse a Porta di Roma nel 2005 (e mentre si parla della terza apertura) – è arrivata il 21 giugno 2000, un simbolo abbastanza estivo. In realtà già quella inaugurazione sembrò extraterrestre – almeno quanto questa boutade flaianesca –, soprattutto in considerazione che Roma non è mai pronta a farsi suggestionare dal nuovo in forma “chain”. Eppure solo in quel primo anni furono oltre tre milioni i visitatori per un fatturato di 262 miliardi.

 

Da fare
Un trancio di salmone (al ristorante del centro commerciale) può tornare utile. Specie se in offerta, anche se a fastfood.
Un pranzo veloce da Montaditos al Centro Commerciale Anagnina.

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).