flânerie e viaggetti

Brugnato

Gita a Brugnato, in Val di Vara, Liguria.

Ogni volta che lasciamo un posto noto per uno ignoto si scatena nel cuore e nello sguardo una sottile distrazione – nel senso di uno scostamento – e un’attenzione insieme ma fondata su parametri non consueti.

Ecco, allora, lo sguardo posarsi vacuo su cose e persone senza una religione, una prassi della funzione. Ecco che coglie particolari apocrifi. Nella religione dello sguardo, mai come in questo culto, arrivano a essere illuminati e illuminare particolari.

Qui siamo a Brugnato in Val di Vara. Siamo in Liguria, nello spezzino. Di persone al culmine di un’afa ferragostana, quasi nulla. Così lo sguardo si posa in questa piccola transizione di ombre appena passate.

Brugnato è bella. Ha qualcosa di vitale e germinativo e non mi sorprende derivi il suo nome dal dialettale per susino, l’albero che svetta nello stemma – che belli sono gli araldi con un arbusto al centro. La sua nascita segue le vicende di San Colombano di Bobbio e la sua abbazia – di cui ho avuto la fortuna di interessarmi. E infatti il paese – poco più di mille anime -, si pone in quella traiettoria fondamentale di viaggio di evangelizzazione e commercio che dalla pianura padana passa per via di mare saltando montagne per strade impervie ma necessarie.

Una delle tracce – molte sono quelle documentali – si trova nella Concattedrale dei Santi Pietro, Lorenzo e Colombano a cui si finisce per girare attorno come in un dedalo di pietra bianca e rosa. Il passaggio nei vicoli fa alternare momenti di estenuante caldo al fresco quasi fastidioso per contrasto.

Nessun bar aperto, qualche cane o gatto ad esprimere la propria supremazia climatica sull’uomo rintanato in casa davanti alla televisione che ripete stancamente le formule della noia del palinsesto estivo e poi non c’è altro da fare che andar via dopo essersi sentiti la versione più nobile del turista: ovvero il padrone delle ombre e dei muri. Quel particolare vantaggio di chi non ha casa in un posto e perciò ne diventa proprietario in pianta. Un possesso di mappa, servitù di passaggio su tutta la viabilità dei luoghi sconosciuti.

“Le tenebre, in punta di piedi, / stendono un velo sulla vallata / e tutto s’acquieta” scrive in dei versi dipinti su maiolica Michele Trovato e non c’è che da andare via e immaginarsi il calar delle ombre su questi stretti passaggi di muri, un nuovo momento che rende il turista avvantaggiato.




Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).