racconti

Daniel Walker

Stefano Scanu con “Vita annotata di Daniel Walker” (giulio perrone editore) transita al romanzo senza abbandonare la meticolosità diretta del racconto. Qui un’anticipazione.

Stefano Scanu, narratore breve e curioso, che qui da un po’ seguiamo e affianchiamo, abbandona con “Vita annotata di Daniel Walker” le forme brevi che gli sono consuete pur senza privarsi della meticolosa attenzione e schiettezza proprie della short story. Nel corpo a corpo (in qesto caso come mai altri tipografico) con la scrittura non lascia l’esattezza privativa del racconto e la trasporta nel romanzo che risulta perciò piacevole alla lettura anche perché fatto di tanti vuoti da riempire come tipico delle forme brevi. Che tendono a elidere per rimando all’acume del lettore (motivo per cui si tratta spesso di una lettura “forte”). Ambientato alla metà del Settecento e incentrato sulla figura di Daniel Walker, un ragazzo di Dartford, un villaggio a poche miglia da Londra in cui i fumi della cartiera Spilman diffondono un fetore di cenci marci e calce, il romanzo viaggia tra Inghilterra e Stati Uniti. Tra Guerra dei Sette Anni e passione sfrenata per la carta e il suo sviluppo. In questa fuga all’indietro scritta dai tempi della smaterializzazione, Scanu non smentisce la sua passione per l’inattualità più curiosa già mostrata nel saggio-viaggio sui cinema romani spariti o in sparizione e sulle vite e luoghi sospesi in un tempo vacuo o oscillante. Buona lettura! (R.C.) 

L’alba, il fetore di Powder Mill lane, il Darent, le vie strette di Dartford, le sfere di cedro, poi il padre, il suo cappello cerato, un po’ più in là la madre, gli scampoli di carta e il sacchetto che li conteneva, il mulino, la cartiera di Spilman, c’era Spilman e le sue calze strette,

prima ancora il nonno poi il nonno del nonno, il trisnonno, le sue mani da bambino e la regina Elisabetta I, la Q e la E e Giacomo I, poi le vasche, le tramogge, i pali meccanici, la schiuma, la polpa grigia, la gelatina, gli asciugatoi e il vento, l’accademia, le latrine, il freddo e il caldo, insomma Woolwich, quindi Londra, le colonie fino a New York, l’oceano, la burrasca, il vomito, poi le foreste, Allegheny, il lago Erie, forti,

fortini, monti, fiumi, la mappa e tutto quello che s’infilava e lo spiava tra latitudini e longitudini oltre a irlandesi, scozzesi, coloni e selvaggi, le baionette, le uniformi, i cenci, il macero umano, Garth Murray, Abel Brown, Jeremy Graham, Peter Coors e ancora qualche migliaio di nomi e di francesi sul fronte opposto, le bombarde, i deliqui e il ritorno, i baffetti nuovissimi alla Ted Walker,

la byssinosis, l’assenza e ancora Spilman, il gabinetto del terrore, la dannata ossidazione, le bestie e i funghi, le muffe e ogni macchia di questo mondo, la luce, il calore, lo spessore, la superficie, la ruvidezza, la miopia, gli inchiostri, quelli colorati e le prove, quelli stabili e le prove, quelli instabili e le prove, altre prove, la fibra, la trama, il legno, il ferro, il rame, il nerofumo, la calce e il carniccio,

Baskerville, gli stivali infangati e i polsini macchiati d’inchiostro ma anche la stampa e le lettere e i caratteri come anguille, asole, merli e onici, non omnia possums omnes, Londra, il Tamigi, il Prospect e i marinai, i Bow Street Runners, la terra, il fiume e il mare, il vino, altro vino, il ciuffetto biondo di una cameriera scettica e poi Birmingham, Heasy Hill, Rohan, Charles II senza un primo, le pulegge e i mulini, e la gran compagnia di sobillatori in buona fede e illuminati partendo da Newton, Hume, Locke, Bacon, Montesquieu, Voltaire ah Voltaire,

poi Fontenelle, Vico, Marivaux, quel sorabo di Leibniz e Rousseau, il calvinismo e il cattolicesimo, tutti i salotti d’europa e i suoi orditi di cretonne scelti da Madame Geoffrin, l’uomo moderno, evoluto, la civiltà e le rivoluzioni a suon di porto, gin, acquaviti luccicanti per rincoglionire le schiatte buie e le corti dissolute, il caravanserraglio di ciarlatani e indovini, (…)




Stefano Scanu vive a Roma. Nel 2014 ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata "Come un albero per un’ampolla", e il saggio narrativo "Buio in sala. Guida breve ai cinema di Roma", tutti per Giulio Perrone Editore.