flânerie e viaggetti

Guerra di stracci su una bancarella

Una guerra di stracci su una bancarella, ad Anagnina, Roma.

Una mattina sono risbucato ad Anagnina arrivando da non so quale distratto viaggetto low cost atterrato a Ciampino da dove era partito ormai non ricordo più quando.

Stanco ma contento eccomi a spuntare lì nel piazzale dove si formavano e disfacevano bancarelle come in un domino giocato da mani esigenti sia pur nel poco o nel nulla.

Frasi da friggitoria: MISTO DONNA, MISTO LANA. Cartelli che imbonivano occasioni con la parola SOLO davanti. E, naturalmente, perché non dirlo con la sola inequivocabile chiamata all’acquisto “AFFARI”? E i prezzi di forte evidenza di carattere e chiarezza 0,50, 1 EURO. E poi tutti i finali in virgola99 a confermare un parco risparmio da inganno ottico. La calibratura dell’interesse: 1 PEZZO un tot 2 PEZZI un tot più un po’. Insomma tutte le strategie di un marketing aggressivo e un po’ blasfemo nella sua non originalità. Un marketing però solleticato dal liberismo di un cartello senza ritorno: FAI DA TE.

Naturalmente non mancavano parole rubate all’outlettistica come STOCK e CAPI FIRMATI. Quasi una captatio benevolentiae un po’ pulciara (o purciara. NB Se leggete questo articolo da FuoriRoma sappiate che pulciaro è un po’ l’anatema con cui si bolla chi ha troppo interesse al risparmio e zero alla generosità anche quando la situazione la meriterebbe senza appello) che però alleggeriva le coscienze.

Mi sono fermato un po’ a guardare le mani che pescavano nel tessuto. Avevano una tecnica? Accatastare i capi interessanti o quelli scartati? In che graduatoria venivano messi quelli comprabili? Mi è sembrato di capire così alla meglio che ognuno ha una tecnica. Mi è sembrato di intuire che esistono persone pazienti e meticolose e persone fortunate e persone sfortunate.

Insomma, conviene essere meticolosi. Visto che fortunati si può rischiare di non esserlo. Ma anche qui – come se anche la semplice osservazione contenesse delle valutazioni – mi ha lasciato da pensare il fatto che esistessero persone rispettose di chi sarebbe venuto dopo di loro e altri che amucchivano alla rinfusa incuranti del dopo.

Ma poi, siccome il mondo tutto è economia, mi sono chiesto quale può essere il costo industriale e il break even point di un paio di scarpe vendute a 3,50€. Mi sono fatto tante domande. Troppe. Mi sono accorto che, in difinitiva, quello che amavo di questa esperienza di visione era l’uso del colore. Ma per assurdo. Perché quello che avevo davanti era una specie di pantone imbizzarrito con giustapposizioni coraggiose se non ardue o vomitevoli. Un test di resistenza su un pianale da prova a dimostrazione che non esiste un colore dell’anno o della stagione ma tante sensibilità da arcobaleno. Specie in un luogo così massimalista.

Questo fa la varietà quando non è stata pensata. Né in Natura né altrove. Distribuendo passioni e avversioni così. A caso.




Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).