flânerie e viaggetti

Io son d’un’altra razza, son ferroviere

A Casal Bertone tra Pasolini e la strada ferrata.



Chissà se è vero che il famoso Palazzo dei Cornuti a Casal Bertone deve il suo soprannome al timore che i ferrovieri ivi allocati potessero rischiare di finire vittime di fama da becchi in corso di trasferta? Chissà se risponde a verità la storia che vuole i cervi, maestosamente propiziatori all’ingresso, decapitati dei loro rami voluttuosi per rito apotropaico anti-tradimento?

Le storielle hanno sempre il loro fascino. Almeno quanto le leggende metropolitane (c’era anni fa un bel libro di Cesare Bermani): quelle imprecise e fantasmagoriche attribuzioni di poteri a cose, luoghi e persone con una grande velocità di circolazione e condivisione. Quelli della mia generazione sicuramente ricordano, ad esempio, quella dei camerini-prova di Babilonia poi riadattata ai negozi dei cinesi: una botola e le ragazze sparivano in un’immaginaria tratta delle bianche. Ma, attenzione, l’unhappy end era su una spiaggia di imprecisato esotismo. Lì venivano ritrovate in un’alba qualsiasi senza fegato o reni. Di leggende ce ne sono altre e Roma, in qualità di metropoli, non si è mai fatta fregare in termini di mitopietica.

Torniamo a Casal Bertone (a piazza De Cristoforis, in realtà). Riguardatevi “Mamma Roma” di Pasolini, con quella combattiva Anna Magnani che va e viene dalla “vita” per dare futuro a suo figlio, Ettore Garofolo, che di futuro – almeno in quel senso desiderato dalla madre – proprio non ne vuol sapere. Ripensate a quella vita (qui in senso lato, di vita vera) di cortile e di ballatoi.

E dato che ci siamo un tributo lo merita la sequenza prodigiosa dell’inizio stornellante dei “fiori”.

Ma onore ai ferrovieri, razza di grande fascino a vaporosi sbuffi soviet. Quella dinastia di viaggiatori senza viaggio che un tempo si limitavano a obliterare i biglietti e ora viaggiano con un computer di bordo o siedono su in alto, dietro il parabrezza, coi loro comandi automatici. Le locomotive forse non avranno più il clangore del progresso carducciano né il profilo da “mostro strano” di gucciniana memoria. Non ce li immagineremo con le fattezze di Germi nel “Ferroviere” di stanza tra i palazzi del Pigneto né in quelle di chi avrà varcato per anni in livrea questo palazzo solenne. Ma ci piace cristallizzarli in quell’epoca in cui il treno era il non plus ultra dell’avvenire. Forse il ferroviere è una razza che si è stiepidita con la caduta di quella modernità ma ci piace pensare a Roma come al luogo di tanti palazzi per questi paladini dell’andare e venire. Che qui, oggi, leghiamo a Casal Bertone e che, a puntate, come un filo rosso, vi faremo vedere di quartiere in quartiere.

Da fare
Intanto c’è l’Auchan e (se anche siete nemici delle catene) in questo caso a qualcosa sopperisce.
Un po’ di Calabria la si può mangiare da La Nduja in piazza S.M.Consolatrice, 1-4 – tel. 06 4370025

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).