flânerie e viaggetti

La centro-periferia di via di Panico

In via di Panico, seguendo le tracce di un libro di Luca Canali, latinista purtroppo scomparso dopo molta “romanistica”, romanzi d’impegno e poesia. Anche per ragionare come la vexata quaestio centro vs. periferia non sia altro che un match nullo.




La centro-periferia di via di Panico. Quello a cui si allude nel titolo è uno degli ultimi libri di Luca Canali: “Match nullo” (Cavallo di Ferro). Nel romanzo breve del grande latinista e prosatore con spiccate tendenze al mondo romano antico, all’esempio non sempre illustre dei nostri predecessori su questa landa, due ragazzi – Giuliano e Luca, il primo presuntuoso e l’altro malinconico – s’inseguono negli anni tra Roma, l’isola del Giglio e la Somalia.

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È anche grazie ai libri di Canali dedicati alla Roma che fu che siamo qui a domandarci se abbiamo fatto scempio di quel che i nostri latini crearono o se ci siamo solo accodati a un “fine impero” foriero di oscurità e bassezze. Il nullo match a cui alludiamo noi nel titolo è quello combattuto non certo ad armi pari tra Centro e periferia. Ma è pur quello delle tenzoni politiche, delle bische elettorali, del viaggio nella città a caccia di consensi, tendoni e porta a porta. I passaggi tivvù in cui, l’un contro l’altro armati, i futuri leader della città snocciolano le loro promesse.

Blandiscono, invitano e giurano persino. I loro manifesti, le loro facce offerte alla simpatia o al ludibrio di chi le guarda. Le loro voci che promettono alla periferia e mantengono al Centro. O viceversa. Spesso senza un piano se non quello delle carezze e di un esportabile successo personale. A volte garantendo dovunque e non adempiendo se non una sacca di personali tributi personali o di scuderia. I bilanci purtroppo si fanno alla fine ma è vero che i cavalli vincenti si vedono dall’inizio anche se tutti sembrano partire a spron battuto. Anche quelli che hanno già dimostrato di saper perdere senza aiuti esterni. E la finiamo coi cavalli.




Centro e periferia: la vexata quaestio del novello sindaco o aspirante tale si gioca su questa linea di confine. Senza spesso lasciar trapelare che, se il dito dalla terra indica la luna, il saggio dovrebbe guardare le linee tra i due lontani emisferi. Leggi: mobilità, piani edilizi, ordine degli scambi tra le due spaziali distanze, vero tema irrisolto dell’Urbe. Nel libro di Canali, tutto incentrato sul Centro della nostra città (compresa la “periferia interna” di via di Panico), scorre il Tevere, si salgono le scale di piazza di Spagna ombelico del libro, si entra in piazza del Collegio.

Diciamo pure che via di Panico (il nome le deriva forse da una famiglia che vi abitava) ha sempre rappresentato, anche nelle vicende più truci della malavita che fu, un luogo di rischi. Un punto poco sicuro. Un luogo non da raccomandare. Insomma via di Panico is the old (… aggiungete nei puntini la periferia che più vi ingenera terrore). Su questo c’è molta letteratura di malaffare.

Oggi è un luogo pieno ancora pieno di artigiani, marmisti e di nuove piccole gallerie che offrono soluzioni pittoriche non scontate. Forse sì qualche ristorante che accalappia turisti. Di certo un passaggio verso la Roma bella di Monte Giordano con in cima il bellissimo Palazzo Taverna e poi, a tendere, strade di shopping senza griffe di primo piano ma piuttosto vestiti da stilisti di nicchia e un usato non da bancarella. Una specie di piccolo è bello anche se un po’ caro. E il consueto flusso verso San Pietro e Castel Sant’Angelo.

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Ritornando al “romanzo di formazione” di Canali (un genere che lo scrittore ha rivisto in senilità ed ex-post) ci riporta a una Roma in cui il PCI, con il diverso peso delle sue sezioni (l’area Centro se la comandava come logica di peso “politico”), aveva un’organizzazione tentacolare e molto partecipata e coesa. Questi “altri tempi” ci dicono quanto la liquidità sia ora anche politica e la concretezza non possa più permettere esperimenti (o giochi, o tentativi) in periferia e mantenimenti in Centro. Due diversivi ormai inaccettabili. Entrambi. La partita è ora concreta e la concretezza non può più fare sconti sui collegamenti tra questi due mondi. Così, più che un “in bocca alla lupa”, bisognerebbe invitare ad un risveglio all’efficacia che impedisca un nuovo nulla di fatto del match tra fare e far vedere.

Da fare
Mangiare alla Boulangerie di Matteo Piras – via di Panico 6 – tel. 06 93577230
Una visita alla galleria di illustrazioni Tricromia www.tricromia.com

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).