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La fine della Sindrome della Porta Chiusa

Ecco, siamo alla fine della “Sindrome della Porta Chiusa”. Ovvero, l’attesa dell’ostentata fine programmazione dei cinema d’estate. Quella per cui si arriva a luglio (spesso anche a un tardo giugno) ed ecco comparire il cartellone CHIUSURA ESTIVA. Qualcun’altro accampa un pretestuoso e lungimirante PROSSIMAMENTE.



prossimamente
Ne abbiamo parlato in chiusura e ora torniamo a parlarne in apertura. Quelle domande che ci facemmo al principio dell’estate tornano d’attualità.

Le ricordate? Quel: sarà vera gloria? Si può essere certe che sarà un fuoco di paglia? Che traguardata la consueta calura luglioagostana si tornerà a fare sul serio? Pistole, baci, missili, gags e intrighi internazionali. Possiamo accertarci che non contenga nessuna definitività quel fermo biologico? Che dietro quella scusa “temporale”, quel diversivo a un tempo futuro non si nasconda il tracollo economico di un piacere diventato sempre più settario (altro che di nicchia!).

Vorrei tranquillizzare lettrici e lettori ma non posso mettere la mano sul fuoco su tutte le sale. Potrei anche anticiparvi un futuro paradiso in cui sentirete ancora il crepitio della macchina di proiezione – ah quanti ricordi! – e il rumore che fanno i biglietti strappati dalla mascherina (curiosa forma di specializzazione lavorativa). Ma non me la sento di lusingarvi con vergini e fiori di mandarava maschietti cari e femminucce con audaci e palestrati ballerini da addio al nubilato. L’inferno delle chiusure esiste e purtroppo ha la forma di un contagio preoccupante.

Sembra una situazione terribile, da manuale dell’ansia eppure la caccia alla sala ancora in funzione “estiva” ha la sua bellezza (cfr. “Caro diario” di Nanni Moretti). Altrettanto funzionale è scoprire che nel tempo molte sale già ci hanno lasciato. Non alle arene estive, alla casa e ai suoi tempi disarginati nella canicola protetta da serrande semichiuse e tapparelle abbassate con una lingua di luce e d’aria. Bensì al nulla.

L’elenco si fa di tempo in tempo più cospicuo. E ci domandiamo se quel cartello “estivo” non sia per caso un per sempre. E noi ci muoviamo tra il percorso ad ostacoli del bollettino dei caduti e dell’archeologia. Amministrando quello stile sociopatico (chi va al cinema spesso lo è) che hanno le vecchie sale: più delle arene, più delle multisale (templi semplici o complessi dello stare tutti insieme).

In tutti i casi sappiamo – o speriamo di sapere – che l’Atlantic resiste, almeno lui, forte del suo quartiere pop e sterminato anche grazie all’essere metromunito. Così ci andiamo un po’ a caso sperando che nella molteplicità della sale un titolo accettabile avanzi e la Sindrome delle Porta Chiusa abbia un duro colpo dall’estate tuscolana. Quella che non muore mai. Quella che ha il ritmo delle serrande abbassate. Quella che si esce ad orari determinati. Quella che fine pena mai. Ma non c’è pena nello stare a Roma così controcorrente. E quindi, PROSSIMAMENTE, di nuovo buio in sala!

Gustologa o una "che fa cose e che vede gente...nei locali" come ama definire le sue recensioni un po' situazioniste di ristoranti e bar.