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L’uomo-bottiglia

L’uomo-bottiglia. Un’idea simbolica di Roma (la foto è di Vincenzo Gentile).

(c) Vincenzo Gentile

L’UOMO-BOTTIGLIA

Una bottiglia verde semivuota
abbandonata lungo un marciapiedi,
poi un’altra bottiglia semivuota
dietro alla ruota d’un auto in sosta,
sei bottiglie di birra semivuote
su una vecchia cassetta dell’ACEA,
una bottiglia di birra in frantumi
tra le radici d’un platano urbano.
A volerle gettare nell’apposita
campana verde dei rifiuti vitrei,
basterebbe spostarsi cento metri.
Ma a quale scopo? In nome di cosa?
Perché dovremmo fare i bravi, i buoni?
Nel gesto di lasciare la bottiglia
in mezzo ad una strada s’indovina
la controspinta di chi è stato escluso,
abbandonato lì, semisvuotato.
“Se non vi siete accorti di me, to’
prendete questa, gettàtela voi
la mia bottiglia, buttàtela giù
in retromarcia col vostro bel carro,
tagliàtevici in massa, bestemmiate,
accorgétevi che esiste”, pensava
forse l’uomo-bottiglia allontanandosi.
Rimane da capire perché siano
abbandonate non completamente
vuote, le nostre bottiglie. Magari
solo per dare loro un po’ di vita,
di potere d’intralcio (immaginiamo
il bravo cittadino che le afferri
senza destrezza e si versi la birra
sui pantaloni), insomma: di esistenza.
Sbagliato escludere che il messaggio
sia: “Non sono finito, sai? Domani
ritornerò a prenderla, a bere
l’ultimo sorso in gloria, da vincente”.

Giuseppe Dolce 7 ottobre 2017




Le canzoni di aka Giuseppe Dolce, cantautore romano, sono ispirate a quello che succede nella vita, a Paolo Conte, a Tom Waits, a Enzo Jannacci, alle canzoni italiane dimenticate, ai blues indimenticabili e alle melodie nascoste tra le corde della chitarra.