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Il non ponte o Ponte Rotto

Il non ponte o Ponte Rotto. O Ponte Emilio. Un estratto breve da “Uno sguardo dai ponti. La vera storia della nascita e dello sviluppo di Roma” di Giulio Caporali, uscito per Iacobelli.

E’ il primo ponte di Roma, il Ponte Emilio, eppure non può essere chiamato più tale. Ecco a voi un po’ di storia lontana di un resto. Che oggi è solo Ponte Rotto.

Il ponte in pietra fu costruito molto tempo dopo dal questore Emilio. Inoltre alcuni affermano che quello di legno è posteriore all’età di Numa e fu portato a termine dal nipote di Numa, Marcio, sotto il suo regno». al tempo in cui Plutarco scriveva, il ponte Sublicio, che lo storico erroneamente identifica col manufatto eretto nel 179 a.C.dal censore Marco Emilio Lepido (l’attuale “ponte Rotto” adiacente al ponte Palatino), era già in pietra.

Ma rispetto a Plinio, che spiega la connessione delle varie componenti lignee senza l’utilizzo di chiodi di ferro con le difficoltà incontrate per smantellare la struttura durante l’episodio di orazio Coclite, lo storico greco fornisce un’altra motivazione. Se non più attendibile quanto meno non altrettanto risibile o improbabile, come può dirsi dell’espressione di Dionigi «secondo la pratica del tempo».

In nessun tempo e presso nessun popolo risulta sia stata adottata la pratica bizzarra di non usare staffe o chiodi,se e quando fossero disponibili, per tener insieme dei pezzi di legno.

Dice piuttosto Plutarco che non fu impiegato il ferro, al momento della costruzione originale (e dunque per lui l’episodio di orazio Coclite
non ha nulla a che fare con la mancanza di chiodi e grappe) in ottemperanza al volere di un oracolo. Siccome le sentenze degli oracoli erano rigidamente rispettate, si potrebbe prendere in considerazione almeno questa terza versione come più attendibile, se non fosse che lascia un po’ troppi punti oscuri: nessun altro storico (nemmeno lo stesso Plutarco) parla della decisione di ricorrere alla consultazione di questo oracolo, non si specifica di quale oracolo si sia trattato (la Sibilla, Dodona, Delfi?), né viene citato l’evento che avrebbe provocato la consultazione stessa.

Insomma: tre autori tre diverse motivazioni. Per Plinio la mancanza di connessure metalliche era un requisito imposto ai costruttori da esigenze di carattere militare, per Dionigi si trattava di una tecnica costruttiva in voga ai tempi di anco Marzio, Plutarco si riferisce infine a un misterioso oracolo che avrebbe imposto quell’anomalo assemblaggio delle componenti lignee. La differenza nei tre scrittori è insomma un’altra evidente testimonianza delle giravolte e dei salti mortali ai quali a volte chi scrive la Storia con scopi non proprio ortodossi è obbligato per mascherare, con argomenti più o meno plausibili, una verità altrimenti troppo amara. o semplicemente sconosciuta




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