flânerie e viaggetti

Prove tecniche di corteo

Speciale Manifestazioni. Ovvero come prepararsi alla piazza, conservarne i ricordi, non farli sbiadire. E, soprattutto, far sì che siano serviti. Care lettrici, cari lettori, ebbene sì, abbiamo pensato di costruire un percorso a favore di manifestanti. Speriamo vi sia utile. AVVERTENZE: Contiene due estratti da libri, un’intervista a Giuliano Santoro, una postilla e qualche fotografia. Non nuoce, in ogni caso, alla salute.


roma ribelle

VIA DEI VOLSCI. La lunga via dell’autonomia

A San Lorenzo c’è una strada da percorrere dall’inizio alla fine per conoscere una storia che ha fatto parlare di sé in Italia e nel mondo. È via dei Volsci, parallela di via Tiburtina e via dei Sabelli, che attraversa San Lorenzo dai bastioni aureliani fino al Verano.

Partiamo dalle mura, costruite tra il 270 e il 275 d.C. dall’imperatore Aureliano per difendere la capitale dell’impero dagli attacchi dei barbari. Qui, nel tratto di via di Porta Labicana, oggi sulle pietre campeggia una grande scritta, “Ciao Antò”, con una stella rossa al centro. Ricorda Antonio Salerno Piccinino, giovane attivista del centro sociale Acrobax morto nel 2006 mentre lavorava come pony express.

Su quello stesso tratto di mura fino alla fine degli anni ’90 c’era un’altra grande scritta: “Autonomia Operaia”, con la falce e martello. Proprio a pochi passi, al civico 6 di via dei Volsci, dove ora c’è uno dei tanti pub del quartiere, tra il 1972 e il 1974 nacquero i Comitati autonomi operai. La sede guadagnò una notevole visibilità a partire dal 1977 come luogo di ritrovo della galassia di collettivi dell’area di Autonomia Operaia. Da quell’anno ‘volsci’ divenne per i grandi giornali sinonimo di ‘autonomi’, parola che a sua volta finì per significare di ‘violenti, mostri, provocatori, barbari’ da sbattere in prima pagina o in galera. Il 7 novembre 1977 la sede fu chiusa con un’eclatante operazione di polizia, che portò all’arresto di 96 attivisti, con l’accusa di associazione sovversiva. Poche ore dopo i Comitati di quella strada, protetti e sostenuti dai sanlorenzini, occuparono tutti i locali dal civico 20 al 30. In seguito gli abitanti del quartiere presero possesso anche degli appartamenti sopra al civico 18. Praticamente, dal ’77, è guadagnato alla causa un intero isolato.

Nel 1978 uscì la rivista “I Volsci”: nella testata erano riprodotti Obelix e Asterix, per ribaltare l’immaginario della propaganda e rivendicare l’identità di “barbari […] che continueranno a girare per le strade imperiali di Roma, rifiutando di chiudersi nei Circhi Massimi e nei Colossei del sistema”.




I Comitati autonomi romani si sciolgono nel 1994 (molto dopo la disgregazione di Autonomia Operaia a livello nazionale) e alcune sedi rimangono vuote fino al 1997, quando viene occupato il civico 32, stavolta per farne un centro sociale. Nasce Onda Rossa 32, che fin da subito si differenzia dalle sedi politiche degli anni ’70. Apre una trattoria popolare che diviene luogo d’incontro tra il quartiere e i militanti di tutta la città. Durante il primo decennio del 2000 qui sono passati gli attivisti di mezzo mondo. Ci piace ricordare quando, nel 2001, subito prima del G8, arrivò Manu Chao, per una cena e un concerto improvvisato. Nel corso del tempo le altre sedi storiche (dal civico 20 al 30) hanno ospitato diversi collettivi femministi, studenteschi, internazionalisti e antifascisti.

Nell’isolato successivo, al numero 41, trovate la Libreria Internazionale di Valerio Marchi, il sociologo skinhead autore di svariati libri sulle culture di strada, scomparso nel 2006. Poco più avanti sulla destra, al 56, ci sono gli studi di Radio Onda Rossa,che trasmette dal 24 maggio 1977. L’emittente fu presto accusata d’istigazione a delinquere e tra il ’77 e l’80 molti redattori vennero denunciati, incarcerati, processati e infine assolti. Tra il ’77 e il ’78 subì diverse chiusure preventive, seppure temporanee, in occasione di manifestazioni di piazza. Il 13 ottobre 1982 un ordigno esplose davanti alla porta dell’appartamento della radio, provocando danni rilevanti all’interno dei suoi locali, in tutto il palazzo e in quelli circostanti. Nonostante attentati e repressione la programmazione continuerà a dare voce ai movimenti, traendone nuovi impulsi.




Nel 1988 il collettivo degli studenti medi comincia a diffondere principalmente musica rap. Qualche anno dopo, proprio grazie alla loro trasmissione e al movimento studentesco della Pantera nascerà una delle prime ‘posse’ romane, che avrà il nome di Onda Rossa Posse. Dalla sua scissione deriverà uno dei gruppi hip-hop più importanti nel panorama della musica ribelle italiana, gli Assalti Frontali di Militant A. Oggi la storica emittente dell’autonomia romana è ancora completamente autofinanziata e continua a trasmettere sugli 87.9 fm.

Proprio davanti al civico 56 c’è il bar Marani. Vi consigliamo di fermarvi per un caffè o un aperitivo. Ai tavolini si ritrovano militanti, artisti, artigiani, operai, mescolati agli anziani abitanti del quartiere e ai giovani figli degli storici residenti. Sicuramente ci sarà anche il libraio di Zafari, libreria dell’usato al numero 58: vi suggeriamo di affacciarvi e di sedere sulla panchina di legno di fronte all’ingresso, per sentire le ultime dalla strada.
Proseguendo verso il Verano, tra pub e botteghe, subito prima di arrivare a piazza dei Sanniti sulla destra, al 94, c’è la Palestra popolare. Nel 1998 un gruppo di istruttori e attivisti dei centri sociali ha preso possesso di una bottega vuota trasformandola in una sala da ginnastica, in un quartiere in cui non è semplice fare sport a prezzi popolari. La palestra ora è un’istituzione con centinaia di iscritti, il ring e la parete di arrampicata. La polisportiva ha raggiunto anche importanti successi sportivi, in particolare nella boxe.

Superata piazza dei Sanniti e il Nuovo Cinema Palazzo, attraversate l’incrocio dove passa il tram e girate a sinistra su via dei Reti. In fondo alla strada, sulla destra, c’era fino a qualche anno fa l’Atelier autogestito Esc. Gli studenti e i ricercatori precari che animano questo spazio occuparono per la prima volta nel 2004 un antico magazzino abbandonato, dal prospetto elegante e curato, al civico 15. I suoi interni, con le capriate in ferro, i lucernai in vetro e le lunghe pareti cieche – dove il proprietario avrebbe visto bene, contro ogni normativa vigente, un supermercato – si sarebbero invece trovati presto a ospitare sessioni della International Poster Art, seminari, serate di musica elettronica e numerose altre attività, come gli sportelli per migranti. Nel 2009 Esc ha traslocato in via dei Volsci 159, per sottrarsi alla gogna del regime proprietario.

Attraversato da un’ampia rete di collettivi e studenti della vicina Sapienza, Esc è subito diventato punto di riferimento per molte facoltà. Qui nasce la LUM, Libera Università Metropolitana e, tra pensatori eretici, cattivi maestri e buoni studenti, si forma la generazione che sarà protagonista dell’Onda e dei movimenti studenteschi (ne parliamo ancora a pagina 239). Una nuova scuola, dove sono di casa molti teorici operaisti.
Se passate all’Esc verso Natale troverete la Fiera dei vini e dei libri indipendenti. A prima vista potreste non accorgervi che proprio lì, all’ultimo civico di via dei Volsci, si è rinnovata con forme e linguaggi diversi la tradizione di autonomia e conflitto del quartiere.




*Tratto da “Guida alla Roma Ribelle” (Voland)

Intorno alla Guida (Intervista a Giuliano Santoro)

Giuliano Santoro è con Rosa e Viola Mordenti e Lorenzo Sansonetti uno degli autori della fortunata “Guida alla Roma ribelle” (Voland). Gli abbiamo chiesto qualcosa per capire anche il dietro le quinte “personale” del libro.

Quale manifestazione ricordi?
Nella Guida citiamo una manifestazione molto particolare, che si tenne il 4 novembre di venti anni fa. C’era il rischio che il Forte Prenestino, luogo che ospita l’omonimo ed enorme centro sociale occupato di Centocelle dal 1986, venisse messo all’asta. Venne allora organizzato un “corteo rumoroso” che ci disse molto dell’innovazione di linguaggi e pratiche che si stavano consumando. Innanzitutto, il percorso della manifestazione era esattamente contrario a quello canonico: ci si mosse da piazza Venezia a piazza Esedra. Inoltre, gli affezionati dei servizi d’ordine e degli slogan si trovarono completamente spiazzati. Perché assistemmo, come potemmo leggere in un documento firmato Luther Blissett, alla rottura della “ripartizione in spezzoni” e a una “ricomposizione fluttuante” attorno a tanti carri musicali, espressione della forza creativa e dirompente di una generazione che era cresciuta dentro i centri sociali, che in quegli anni “Le Monde” definì “il fiore all’occhiello della cultura italiana”. Il corteo fino a quel momento era sempre stato inteso come un momento di confronto con la controparte. Peggio ancora, per qualcuno è tutt’ora un modo di contarsi e mostrare i muscoli, misurare la forza di ogni corrente all’interno dei movimenti sociali. Quella volta, e poi per fortuna tante altre volte, si scese in piazza per scambiarsi informazioni e per “esserci in comune”: servì ovviamente a sventare lo sgombero del Forte ma fu anche occasione di stare insieme e occupare per delle ore il centro storico, cosa che nella città trasformata in parco turistico accade sempre meno. Possono sembrare parole muscolari, e le adopero volontariamente per segnalare il felice paradosso di quell’evento, ma quel corteo fu davvero una testimonianza di forza ed egemonia.

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Quale è secondo te il momento (oltre la biografia, quindi oltre l’età) d’oro del dissenso a Roma?
Non esiste un’età dell’oro, sarebbe impossibile definirla o individuarla. Ce ne siamo accorti proprio scrivendo la Guida. Come puoi immaginare, c’era il rischio che ci concentrassimo su epoche importanti quali la Resistenza o gli anni Settanta, la Repubblica romana oppure le tante storie di rivolta odierne. E invece saltellando tra un luogo ed un evento, disegnando questa mappa ribelle, ci siamo accorti che il territorio romano è intriso di una forma particolare di ribellione, che spesso scambiamo per fatalismo e che invece è abitudine a far da sé, a non farsi contagiare dalle dinamiche del potere, più o meno eterno, secolare o temporale che sia, che ha storicamente albergato in questa città. Questo accomuna Menenio Agrippa, le borgate antifasciste, le lotte femministe, la blasfemia del Belli, le occupazioni di casa e i movimenti attuali: questa allergia alla magnificenza del potere, la capacità di non esserne ipnotizzati, per l’estraneità antropologica che divide le segrete stanze dagli spazi comuni e di condivisione. In alcuni momenti, questa caratteristica appare sotto forma di debolezza, come una specie di svogliatezza plebea. Ma per fortuna non è sempre così.

Quali i luoghi che ancora rendono vivo, rendono presente il senso della protesta e perché?
Più che protesta direi in senso più ampio che si costruisce qui ed ora forme di vita ribelli in quanto incompatibili con la dittatura del mercato. E per fortuna questi luoghi sono ancora tantissimi. Facciamo così, visto che è impossibile scegliere cito i primi 3 posti che mi vengono in mente: le tante osterie popolari dei centri sociali, dove si mangia bene, si paga poco e si sta insieme; la tomba di Gramsci al museo acattolico di Piramide, un posto bellissimo che concilia la riflessione e ci ricorda il genio dell’autore italiano tutt’ora più studiato e discusso al mondo, anche dalle nuove generazioni di rivoluzionari; infine, un posto che non sta nella Guida ma che rimanda a tante storie che abbiamo raccolto: il centro Baobab sulla Tiburtina, dove centinaia di romani vanno a portare concreta solidarietà ai profughi e ai migranti.




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POSTILLA. Prima e dopo una fotografia (storia di una cover)
di Roberto Carvelli

Poco tempo fa ho ritrovato questa fotografia. Era in mezzo a un libro. La pensavo persa. Era in un libro, invece. Una semplice prova personale, un ricordo. Dimenticato da quando era stata scattata e stampata. Risale alla Pantera (anno 1990). Avevo dimenticato questo momento e mi ha fatto sorridere ripensare che questo scatto casuale e inconsapevole (per parte mia, almeno) fosse finito in una pagina scritta dodici anni dopo. E che lo scoprissi ancora diversi anni dopo.

Insomma sorrido a questa donna e mi ritrovo ad aiutarla nella sua attività commerciale. E rieccoci al punto da cui siamo partiti, con qualche soldo in più e qualche speranza in meno: la Pantera è finita. Sfumata in manifestazioni di sabato mattina a lusingare certi paesaggi da coppiette che l’amministrazione ci aveva messo a disposizione per fugare le nostre richieste con un’offerta di concordia amorosa che a molti andava bene. E così ci erano sfilate di lato Villa Borghese e il Giardino Zoologico e le ragazze che amavamo. Ci perdevamo dentro quel verde con gli occhi e addormentavamo i nostri sogni perché il fumo non era bastato. Anche le tanto vituperate biblioteche ci salutavano alla nostra destra nella persona della cortina rossa della Nazionale e dei suoi addetti tiepidi che non avevano nulla da dire – in certi casi è meglio starsene zitti, se non altro per pudore – e ci guardavano sfilare imbarazzati del malservizio dicendosi che tutto sommato è più opportuno queta non movere, fosse che poi li obbligavano a turni supplementari!?

*Da “Bebo e altri ribelli. La rivoluzione spiegata alle commesse” (nonluoghi libere edizioni, 2002) poi “La rivoluzione spiegata alle commesse” (Coniglio editore, 2007).