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Quella storia facile dei mai

Quella storia facile dei mai. Sul film “Easy” di Andrea Magnani.

Se è vero che la storia non è fatta dai mai è pur vero che:
Uno (e per tornare agli apparenti perdenti), mai sottovalutare la forza propulsiva della sconfitta;
Due, mai sottostimare il potere terapeutico del viaggio.

Sono stato a vedere “Easy” un piccolo aggraziato film italiano scritto e diretto da Andrea Magnani.

Girato tra Grado e una sperduta Ucraina di villaggi di montagna è una piccola fiaba contemporanea in cui si ride e si piange. Una combinazione di grazia leggera che mancava al nostro cinema dopo la scomparsa di Mazzacurati e il progressivo volgersi a un superamento del genere da parte di Salvatores.

Magnani non è però del tutto scevro dall’influenza del nuovo cinema americano indie. E di tanta nuova cinematografia dell’est. Cosa non suggerita solo dall’ambientazione.
Combinazioni di fattori che rendono “Easy” un film complessivamente molto poco italiano nonostante le apparenti premesse.

La storia del film è “facile facile” come il viaggio nel sottotitolo. Isidoro, che mamma e fratello chiamano Easy, ha poco più di trent’anni ed è stato una promessa dell’automobilismo. Prima go-kart e poi atteso alla F1 poi però è successo qualcosa. Ora è in carne (l’attore, bravissimo, per l’occasione è ingrassato ulteriormente). Merendine e altre sozzerie, insieme agli antidepressivi, l’hanno condotto all’immobilità totale e obesa.

Un giorno il fratello (Libero De Rienzo) gli chiede un favore: un operaio del suo cantiere, un ucraino è morto in un incidente di cantiere e la salma va riportata in Ucraina. Serve un pilota di carro funebre e l’idea è quella che possa essere lui. Peccato che Isidoro non guida da anni. E che da anni vive in questo stato di torpore e assenza.

Le cose che succedono sono varie e vanno viste. Perché se c’è una cosa non facile è proprio quello di riassumere le storie. Quelle della vita e quelle dei film. ma ci preme sollevare lo spettatore dal rischio di farsi sfuggire una pellicola così difforme da un gusto che, pur interessante, segue spesso mode, tendenze ripetitive.

Alla fine “Easy” oltre al potere guaritore del viaggio sembra dire che vittoria e sconfitta non sono elementi definitivi anche quando sembrerebbe. E questa linea riverbera anche in questa landa sperduta della vecchia Unione Sovietica dove la gente si arrangia e, senza attendere che ritorni chi se ne è andato, continua a vivere una vita senza apparenti occasioni propizie.

D’altro canto non si può dire certo propizio cercare di arricchirsi ad ogni costo (vedi il fratello di Isidoro o la fashion victim mamma dei due, un cameo della Bouchet).
E, lasciare andare la propria strada al disargine e alla perdita non può che essere l’antidoto a qualsiasi mal di vivere.




Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).