flânerie e viaggetti

Spegnere gli incendi a Corso Trieste

Corso Trieste e i Cani.




Molti nascono incendiari e muoiono pompieri. La maggioranza, más o menos. Casi contrari sono registrati come rari ma ci sono. Cosa sia peggio non è il tema dell’articolo. A Corso Trieste verrebbe da pensare che si nasca pompieri e si crepi con il tubo in mano. Verrebbe, ma non vi preoccupate, la vita è piena di sorprese e anche da queste parti c’è chi nasce bruciando e se ne va a schizzando.

Ma anche la trasgressione “corsotriestina”, come ci ricordano “I cani”,

ha dei tratti più maudit chic di quella di coetanei. Della serie “un groppo in gola ma non so perché”. Se poi ti dice male lo scopri con calma qualche anno dopo. In tutta serenità te ne vai in giro recuperando il senso di te, il senso della tua classe. Eppure i tempi cambiano. Quello che accadeva anni fa – passare dalla adolescenza alla maturità tra timberland e napapijri, senza scossoni – non è più così di realizzo (sciallo, come direbbe qualche ragazzo da queste parti).

Tempo fa mi sono trovato, ad esempio, in un centro di fisioterapia da queste parti e per qualche mese e mi ha sorpreso notare quante signore si accalcassero al bancone della reception continuamente lamentose. Una fisiatra mi ha spiegato trattarsi di una vera e propria sindrome sociale: queste signore hanno perso il loro ruolo apicale nella scala borghese. Il loro status di mogli di “professionisti” (tipica di questa area) non ha più quei vantaggi competitivi e ora si arrangiano sfogando noblesse su qualche malcapitato ultimo degli ultimi. Questa la loro vision. Questa spesso quella di chi è rimasto (in tutti i sensi).  Ma torniamo su strada.

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Vi serve sapere che anni fa ci morì Serpico

Sono stati anni duri non c’è dubbio, si stava peggio quando si stava meglio. E poi “le domande non hanno mai avuto una risposta chiara”, si sa. E magari a parlare al caffè Tortuga a parlare con “lei” o “lui” hai solo fatto più confusione.

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Se si è fatta sera avrete visto il sole tramontare tra gli abeti e incendiare i palazzi rossicci, è ora di spegnere il fuoco con una birra e una pizza da Bruto. In tempi in cui gli impasti si fanno sempre più “napoletani” è bello che qualcuno continui a mantenere la tradizione romana della sfoglia bassa. Viva la differenza, anche perché non ci piace pensare che Corso Trieste sia proprio la via incapace di regalarci le sorprese. Che sia il luogo della noblesse decaduta, di una grandeur che sa di naftalina. “L’unica vera nostalgia” che avrete sarà pensare che questo non è mai stato un pensiero unico e non lo diventerà mai. E di pompieri ce ne saranno sempre lo stesso tanti. Umida consolazione.

Da fare
Una pizza da Bruto – Via Malta, 12, – tel. 06 8557440
Un dolce da Marinari pasticceria – Corso Trieste, 95 – tel. 06 855 1045
Un aperitivo al Tortuga caffè – Piazza Trasimeno 4a – tel.  3938130035
Un trancio di pizza Da Agostino pizzeria al taglio – Corso Trieste, 66, Roma
Un caffè al Bar Caprera – Piazza Caprera, 8 – tel. 06 8551040

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).