racconti

Vestire i morti, in rumeno

Vestire i morti, in rumeno. Una scena dall’ultimo libro di Wanda Marasco “La compagnia delle anime finte” (Neri Pozza).

Una sequenza vivida del racconto verace e vivace con cui l’autrice ha raccolto la voce della sua protagonista, Rosa, che dall’alto di Capodimonte rivive la storia di sua madre. Wanda Marasco, napoletana, ha il genio della regia e dell’interpretazione attoriale (frutto della scuola dell’Accademia d’arte drammatica «Silvio D’Amico» di Roma) poi trasfusa nella narrativa.

Vreau să-mi spui,
frumoasă Zaraza,
cine te-a iubít.
Câti au plâns nebuni
după tine
si câti au murít…

Carmen è la sua badante rumena. Le ha tenuto la mano e le ha sussurrato questa canzone nella lingua di Dracula. Mia madre dopo il ronzio spettrale ha cacciato un sorriso sbagliato. Gli occhi se ne sono andati per conto loro, con uno sguardo traverso da me alla badante.

È morta mantenendo in fondo allo sguardo un’azione animata. Forse ha cercato di imitare la lingua di Dracula con le vocali a mantello strascicato e l’ululato interrotto. Ha lasciato nell’aria un respiro imitativo mormorando anche lei la canzone.

Vreau să-mi dai gura,
dulce Zaraza,
să-ma imbeti mereu.
De a te sarutare, Zaraza,
vreau să mor si eu…

So dove sta andando il suo respiro. All’indietro, nell’acqua spersa della campagna in cui è nata e poi sulle parti sferzate del suo corpo.

«Signora non capisce mia lingua. Io spiego. È canzone di uomo ubriaco. Fa cosí: Voglio che mi dici, bella Zaraza, chi ti ha amato, quanti hanno pianto per te e quanti sono morti. Voglio che mi dai la tua bocca, dolce Zaraza, per ubriacarmi sempre. Del tuo bacio, Zaraza, voglio morire anch’io. È bella, eh? Signora…»

Non sente, Carmen lo sa, ma sta recitando con la morte.
«Signora buona con me. Io mai dimentico. Aveva dolore, meglio cosí…»
Le parole che inviano un po’ di misericordia.
Uno spettro comincia a nutrirsene se ravvisa la pietà di un altro.

Carmen si avvicina al comò e prende dal primo cassetto i panni della morte: una camicia da notte, un paio di calzini e una mutanda lasca. Tutto rigorosamente bianco. Il bianco che serve a rendere nitido lo staglio delle ombre.