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Binda, la Legnano e il Mondiale di Roma del 1932

Ci piace segnalare da amici della bicicletta quali siamo questo prezioso volume della Ediciclo sulla Legnano di Claudio Gregori e Marco Pastonesi: “Legnano. Biciclette Campioni Vittorie”. Scegliamo tre testi dei tanti che lo compongono. Il primo è dedicato a Binda e al mondiale di Roma del 1932 (nell’immagine la due ruote usata per l’occasione). Un ricordo che si dipana lungo le strade dei Colli Albani e su per la salita di Rocca di Papa.





Binda re di Roma – Il Mondiale del 1932

Il 1932 fu una stagione deludente per Binda. L’unico successo ottenuto fu quello al Giro della Provincia di Milano, una prova
a cronometro disputata in coppia con Raffaele Di Paco. A riscattarla fu il trionfo, il 31 agosto, ai Campionati mondiali di Roma.

Vi parteciparono ventuno corridori, in rappresentanza di sette nazioni. Il terzetto azzurro era composto, oltre che da Binda, da Learco Guerra e da Remo Bertoni, compagno di Binda alla Legnano. Guerra dovette presto cedere il passo sui saliscendi dei Colli Albani.




Binda, invece, spalleggiato da Bertoni, fece la selezione sui 640 m di dislivello della salita di Rocca di Papa. Arrivò solo al traguardo con 2” su Bertoni, 4’52” sul lussemburghese Nicolas Frantz, 5’15” su Montero, 5’39” su Guerra. La Legnano con cui Binda vinse il suo terzo Mondiale, prefigura già la bicicletta moderna dotata di cambio di velocità e freni alle due ruote. Il telaio è il tipico Legnano, con congiunzione del tubo piantone, molto ben lavorato, che include il bullone stringi-sella nella parte inferiore della stessa.

Le congiunzioni di sterzo hanno invece piste integrate del tipo “B”. Anche il raccordo del carro posteriore con il nodo sella è magnificamente lavorato. I componenti sono: guarnitura in acciaio con tre braccia e corona con le tre L di Legnano; pedali F.O.M in alluminio marcati Legnano; oliatore per la catena al tubo sella; cambio Vittoria modello “Campione del Mondo”; ruota libera a tre velocità; ruote con cerchi in alluminio di marca Fiamme e mozzi composti acciaio/alluminio; galletti ferma ruote francesi marcati Bell.

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Ora segnaliamo due testi introduttivi al bellissimo volume della ediciclo per capire come e dove nasce la Legnano. Ma soprattutto il “da chi” è curioso. E c’entrano qualcosa le pecore.

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Passione Legnano. Storia d’impresa, storia di sport

Quella della Legnano, lo storico marchio di biciclette con il profilo di Alberto da Giussano a spada sguainata e il colore verde squillante dei suoi perfetti telai, è una storia dalla doppia anima ma di una sola passione. Per chi ha anche solo un poco di conoscenza della storia del ciclismo, Legnano è la bici e la maglia di Alfredo Binda e di Gino Bartali, due grandissimi campioni che, dandosi un’ideale passaggio di testimone, dal 1925 al 1948, hanno vinto tutto quello che un corridore ciclista potesse conquistare in Italia e all’estero. Accanto a loro, altri vessilliferi d’eccellenza: da Giovanni Brunero alle vittorie del giovanissimo Fausto Coppi, prima che passasse ai “nemici” della Bianchi; da Ercole Baldini all’ultimo squillo di tromba Maurizio Fondriest, campione del mondo nel 1988.

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Ma se l’Albo d’oro sportivo è scintillante come un tesoro, non è da meno la storia imprenditoriale dell’azienda che viene ripercorsa per la prima volta in queste pagine fin dagli albori della Wolseley Italia, o Wolsit (1907), e dell’acquisizione dei diritti di commercializzazione (1915) e poi direttamente del marchio (1921) da parte della
Emilio Bozzi e C. Da questo momento inizia l’irresistibile ascesa della Legnano che per quasi mezzo secolo domina la scena dell’industria ciclistica italiana ed esporta in tutto il mondo le biciclette con il marchio del guerriero lombardo. Due anime, dicevamo, ma una sola passione: quella per la bicicletta.

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E, all’interno della storia di cultura d’impresa, un’importante peculiarità: il marchio Legnano, nella sua lunga vita, è stato sempre caratterizzato da un ininterrotto legame con la famiglia Bozzi, fin dalla figura del commendator Emilio, illustre esempio di imprenditore coraggioso e lungimirante nell’investire in tecnologie produttive su scala industriale che hanno fatto della Legnano un marchio di alta qualità e, al contempo, nel sapere intuire con modernità, e in anticipo sui tempi, l’importanza dello sport come eccezionale veicolo di promozione.




Nelle pagine di questo libro quello che non dicono le storie raccontate da due grandi firme del ciclismo come Claudio Gregori e Marco Pastonesi lo esprimono le immagini: dagli archivi Legnano provengono foto e documenti di storia sportiva e aziendale di grande interesse, molti dei quali inediti. Una ricca e dettagliata campagna fotografica, realizzata da Lorenzo De Simone, fa invece rivivere in tutto il loro splendore le biciclette dei campioni e altri memorabilia del marchio Legnano.

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Pecore, automobili e biciclette

Le biciclette Legnano sono nate dalle pecore australiane. Tutto però ha origine a Kingstown, 12 chilometri a sud di Dublino, sul Mare d’Irlanda. Lì, il 16 marzo 1837, nasce Frederick York Wolseley. Il luogo, che ha ispirato James Joyce e Samuel Beckett, si chiamava un tempo e si chiama oggi Dún Laoghaire, ma nel 1821 venne re Giorgio IV a inaugurare il porto nuovo e quel centro fu chiamato Kingstown, “la città del re”.

A 17 anni Wolseley sbarca a Melbourne, in Australia, e raggiunge l’allevamento di pecore di Thule sul Murray River. Le pecore sono la base dell’economia australiana. Si tosano a mano. Un lavoro faticoso che richiede un’enorme manodopera. Wolseley inventa la macchina tosa-pecore.

Costituisce a Sydney la Wolseley Machine Company. Poiché i pezzi li deve comprare in Inghilterra, nel 1889 s’installa a Birmingham. Lì fa le macchine e le vende in Australia. Chiama a dirigere la produzione Herbert Austin, che migliora la macchina tosa-pecore. La ditta, dal 1895, produce anche biciclette. Austin è un ciclista appassionato. Un vulcano di idee. Si arrovella per costruire un’automobile. Il prototipo Wolseley è pronto nel 1895. Il secondo modello, chiamato “Number One”, a tre ruote, viene presentato nel dicembre 1896 alla National Cycle Exhibition che si tiene al Crystal Palace: costa 110 sterline. Nemmeno un esemplare viene venduto.

Il terzo modello, “Voiturette”, a 4 ruote, è messo in vendita a 120 sterline nel 1899, anno in cui Wolseley muore. Nel 1900 Austin, guidando una Voiturette, vince il Thousand Miles Trial. Le Wolseley conquistano il Regno Unito. Anche la Regina Alexandra, nel 1904, ne compra una. I fratelli Albert e Thomas Vickers hanno già rilevato l’impresa, divenuta Wolseley Tool and Motor Company. Austin la lascia nel 1905 per conquistare il mondo con la Austin Motor Company. La Wolseley domina il mercato delle automobili del Regno Unito. Esporta in Australia, Canada, India, Nuova Zelanda e Sudamerica. E presto le Wolseley vengono costruite sotto licenza anche in Italia.

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