poesie

Chiodi. Le poesie di Agota Kristof

Chiodi. Le poesie di Agota Kristof che escono per Casagrande, editore che ha in catalogo il capolavoro de L’analfabeta (con Trilogia della città di K e Ieri il meglio di questa autrice ungherese-svizzera).

Agota Kristof (Csikvánd 1935 – Neuchâtel 2011) è nata in Ungheria che è costretta a lasciare clandestinamente nel 1956 per rifugiarsi in Svizzera, dove vive fino alla morte. I suoi libri escono in francese, in una lingua basica e seconda rappresentando uno dei vertici della scrittura novecentesca dell’espatrio e della letteratura mondiale in genere.

“Agota Kristof è un’autrice famosa, quasi leggendaria e soprattutto profondamente amata” scrive Fabio Pusterla (che qui oltre a firmare la postfazione traduce i versi dal francese – quelli dall’ungherese si devono a Vera Gheno). La verità dicibile è questa. L’indicibile verità è quest’altra: la Kristof ha rappresentato con viva forza (che già allora potevamo definire poetica pur senza l’andare a capo dei versi) la condizione espatriata che noi “europei” non conoscevamo più.

E questo c’inquietava e ci incolpava. Le sue parole ci ferivano (e questo era poesia, non strillo, non politica, la forza semplice delle parole che tagliano) e noi capivamo di avere a che fare con un atto di verità e di politica (nel senso più alto) oltre che di poesia.

Qui la poesia è il dato di partenza. Ma incredibile resta la forza – e la presenza ossessiva anche se generica e/o omessa – dei luoghi nei versi che qui leggete come chiodi (mai titolo più giusto) che fissano delle verità. Mai tanti e mai tanto carichi di allusione/illusione visiva. Come se la condizione espatriata chiamasse a verifica la visione della non più casa, non più patria. Come anche nella poesia che dà il titolo alla raccolta che pubblichiamo per concessione dell’editore.

Chiodi

Sopra le case e la vita
nebbia grigia lieve
con le foglie a venire
degli alberi nei miei occhi
aspettavo l’estate
più di tutto
dell’estate amavo la polvere la bianca
calda polvere
insetti e rane vi morivano soffocati
se non cadeva la pioggia
per settimane
un prato e piume viola sul prato
crescono
gli uccelli il collo dei pozzi
il vento stende sotto una sega
chiodi
puntuti e smussati
chiudono porte montano grate
tutt’attorno sulle finestre
così si edificano gli anni così si edifica
la morte

Per le foto © Jean-Pierre Baillod. Archivi letterari
svizzeri. Le fotografie risalgono agli anni
settanta e sono state scattate durante
il viaggio di ritorno dall’Ungheria alla
Svizzera di Agota Kristof, in seguito
al suo primo soggiorno nel paese natale
dopo l’esilio.