flânerie e viaggetti

Io, Termini

Io, quando partivo, anni fa, da qui partivo. E quando arrivavo qui arrivavo. La misura di ogni andare e tornare questa era. Una figura geometrica. Una cornice. Un bordo bold che incorniciava una vita.

La Stazione Termini si annunciava in una mostra di tableaux vivants. Una carrellata di facce, un mazzo di carte – tarocchi che predivano il passato – dal dimesso al distinto saltando povertà e disagi. Che non ero abituato a vedere. Che non erano abituati a mostrarsi.

Affinché quel pacchetto avesse regolarità c’era bisogno di una cornice e la cornice era la panchina. Tutto intorno alla quale pendevano i carrelli dei facchini in una livrea semplice. I pacchi legati con lo spago. Le valigie senza stilisti e le colazioni da viaggio. Solo allora e solo così andavi. E tornavi.

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).