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La Ernaux: buona letteratura, buona vita

La Ernaux: buona letteratura, buona vita. Su “Memoria di ragazza” (L’Orma editore).

La letteratura è un oggetto dilatabile. Un oggetto anche comprimibile. E non sto parlando delle possibilità di dematerializazione dell’oggetto fisico libro né delle caratteristiche temporali della sua comunicazione quanto più ancora di quelle spaziali (dove per spazio intendiamo la fruizione del segmento di racconto di una data vicenda nel tempo della lettura).

L’oggetto libro si presta a saltare il paradigma della realtà e lo fa con l’invenzione fantasiosa come anche con la pura capacità della digressione sul reale. I due esempi maturi e recenti di quest’ultimo salto sul posto, quelli più interessanti, sono nei libri di Emmanuel Carrère e Annie Ernaux. Entrambi francesi ahimè (sia detto per disappunto equilibristico), per fortuna (per gli stessi motivi) da noi pubblicati da editori diversi.

Qui tratteremo solo della Ernaux. E del suo ultimo libro. Memoria di ragazza (in Italia da L’Orma editore) che suona come una canzonetta e della canzonetta non disdegna l’orecchiabilità malinconica. La cerca, la chiama, la evoca nelle note di quell’estate 1958 in cui si compie l’atto del ricordo. Anche se lo scopo di fondo è: “Esplorare il baratro tra la sconcertante realtà di ciò che accade e la strana irrealtà che, anni dopo, ammanta ciò che è accaduto”. L’ambizione – messa alla fine – non è arroganza ma verifica.




Essendo estate – anche adesso che scrivo – si sa che il sogno di molti è l’avventura – l’avventura in genere, quella etimologica (dal latino adventūra, “ciò che accadrà”, e perciò le speranze, le attese) -, ma l’avventura ha un suo dispendio. Quella di cui si occupa la Ernaux è quella avventura tipica adolescenziale che in realtà di avventura si ammanta solo ma persegue la semplice via di un’iniziazione, di un ingresso nel mondo adulto attraverso la strada della abbandonata verginità. E non è chiaro perché l’estate debba essere il tempo di questo passaggio. Come di altri passaggi avventurosi. Quasi che avviarsi al futuro debba essere tema stagionale e ozioso.

Ma torniamo alle premesse. Torniamo a una domanda di fondo sottesa al libro della Ernaux. Questa: la vita è cattiva letteratura?

Il romanzo della scrittrice è ambizioso ma – come detto – non nelle premesse che, anzi, appaiono semplici. La vita, la semplice vita, il ricordo di una ragazza. Per questa via il romanzo compie il miracolo per cui il passato può diventare il futuro. Il sogno è quello di “scrivere di qualcosa di vivente, con il rischio di metterlo a repentaglio”. Ecco che la scrittura sarà o potrà diventare “un’impresa insostenibile”.

Tutto si raccoglierà in un gesto atteso (“l’inaudita devastazione di un gesto atteso”), quello della (di una) nuova seduzione. La ricerca di una sensazione: quella tipica ad esempio dell’eroina, il ricordo che si desidera rivissuto della ripetizione che mai risulterà uguale a quella della prima volta. Quello del desiderio (“bruto, semplice – chimicamente puro”):

“Da quando ha conosciuto H sente il bisogno di un corpo maschile contro il suo”. E siccome questa fagocitante attesa è spasmodica e inconcludente scatta “l’orgoglio della collezione”.

Memoria di ragazza perlustra la giovinezza: quel tempo in cui il dolore può mutarsi in una speranza. E di conseguenza un grande dolore in una grande speranza. Rendersi amabile diventerà uguale a cambiare. Addirittura, rendersi irriconoscibile. Il sogno attivo e insieme il segreto di una trasformazione radicale, genetica quasi (e vien da pensare a tutte quelle fantasie per cui si ha paura – alias si spera – di non essere figli legittimi).

Così si può modificare persino la fisica, il fisico diventando “compromessa del digiuno”: quello che in età adulta si chiamerà bulimia. Così un trucco troppo pesante diventerà un’offesa o una condanna morale a cui rispondere con un’altra offesa e condanna morale.

Tutto il mondo si esaurisce nell’essere o diventare desiderabile e del desiderio e della sofferenza del passato resta la ricerca di una somiglianza: a un film (qui Hiroshima mon amour) o un libro. Anche i ricordi hanno un peso. Come quello di R (“unica delle amiche della gioventù”) che “voleva sedurre alla durezza”. E, in definitiva, ricordare sarà davvero uguale a rivivere una seconda volta. E il miracolo della letteratura è compiuto, il tempo dilatato, lo spazio ridisegnato. Ora il romanzo può essere riposto e la buona letteratura può diventare vita. Persino da rileggere.

Questo pezzo è uscito su @HuffPost http://www.huffingtonpost.it/roberto-carvelli/la-ernaux-buona-letteratura-buona-vita_a_23026007/?utm_hp_ref=it-homepage




Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).