flânerie e viaggetti

Metti, un compleanno alla GNAM

Un compleanno alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, un modo allegro ma anche serio di festeggiarsi alternativamente (nella foto, “Atleta che lotta con un pitone” di Frederic Leighton, 1877).

Non so quanti ricordino la meravigliosa iniziativa “L’arte ti fa gli auguri” pensata dal MiBAC per il 2011 (in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia) e estesa anche all’anno successivo. In pratica, il Ministero dei Beni Culturali regalava un ingresso omaggio ai cittadini italiani e UE in un luogo di cultura statale nel giorno del loro compleanno. Un modo per avvicinare le persone che non frequentano di sovente questi luoghi. Ma anche il suggerimento di festeggiare in maniera originale una ricorrenza spesso associata solo a torta, candeline e derivati.

Premettendo che non sono una misantropa, ammetto senza imbarazzi che per me la visita ideale a musei e mostre è quella in solitaria. “Perdersi” in un museo è l’andare e venire nelle sale, leggere tutti i pannelli di spiegazione o evitare persino la targhetta con il titolo dell’opera, guardare lo stesso quadro per mezz’ora o solo per un minuto, prendere appunti, sedersi senza sensi di colpa a fissare il vuoto sul primo divanetto incontrato. In una parola: libertà. Un rapporto personale e in un certo senso esclusivo è quello che cerco con l’arte da quando ero bambina. Da quando vivevo in un piccolo paese in provincia della provincia: l’arte, che mi affascinava tanto, era solo immagini sui libri e le mostre in corso erano solo trafiletti ritagliati dai giornali. Da qualche parte, a casa dei miei, deve esserci ancora la cartellina nera in cui conservavo questi ritagli insieme ai biglietti/feticcio dei primi musei visitati…

Comunque, tutte queste lungaggini introduttive per dire che il 4 settembre del 2012, ho festeggiato il mio primo compleanno a Roma. E ho scelto di farmi fare gli auguri dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. La più grande collezione di arte contemporanea italiana dimora nell’eternità di Roma.

Da quando mi ricordo i miei compleanni, il 4 settembre ovunque mi trovi nel mondo… piove. Per una sorta di ripetitività karmica di fantozziana memoria, piove pure il 4 settembre 2012 (e forse pioverà anche oggi). Da Piazza del Popolo mi arrampico verso il Pincio e mi inoltro nel verde e nell’inaspettato silenzio di Villa Borghese.

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Che maestosità! Il cielo è color acciaio. Eminenti personalità della storia d’Italia mi guardano sfilare con un buffo ombrellino viola e la mia Reflex. Noto con disappunto che tra questi 228 busti solo 3 rappresentano donne (sic!).
Proseguo, fino a quando i miei pensieri si infrangono sull’ imponente facciata del Palazzo delle Belle Arti. Cesare Bazzani ha progettato un impianto architettonico classicheggiante e monumentale, ma i fregi liberty aggiungono un’allure novecentista che non mi dispiace.

Autoritratto nell'installazione di Alfredo Pirri.
Autoritratto nell’installazione di Alfredo Pirri.

Una volta all’interno, per prima cosa rivolgo gli occhi a terra. E poi (in tempi all’epoca non sospetti) mi ritraggo, autoreferenziale, nell’istallazione di Alfredo Pirri della prima sala “l’artista interpreta il museo”.
“Scusi, ma è arte questa?” mi chiede la seconda sala. E mi ritrovo tra Burri, Manzoni, Rotella, Vedova, Fontana, Duchamp… solo per citare i più noti (forse) facendo torto, e mi dispiace, a tutti gli altri. Questa arte ancora oggi piuttosto discussa me la mostrano all’inizio. L’idea è che prima di andare via puoi ritornare a guardarla. E chissà se dopo aver visto tutte le altre sale ti stai ancora chiedendo se è arte, quella.

Nelle sale successive scorre sotto i miei occhi la storia dell’Ottocento: Classicismo e Romanticismo, Neoclassicismo e Simbolismo, Impressionismo. Hayez, Gemito, Canova, Fattori, Lega, Michetti, ma anche Monet, Rodin e Klimt per uscire fuori dal prevalente nazionale.

Cleopatra di Alfonso Balzico.
Cleopatra di Alfonso Balzico.

Poi mi addentro nel Novecento: Belle Époque, Avanguardie, l’arte nella guerra, luce, superfici, materie e concetti, icone e simboli pop… Balla, Boccioni, Mirò, De Chirico, ma anche Scialoja, Afro, Schifano, Ceroli, Ontani, Pomodoro…
Fino alle propaggini dell’oggi.

Campo 1463N di Shay Frisch Peri (2010)
Campo 1463N di Shay Frisch Peri (2010)

Ci sono anche Accardi e Raphael Mafai ma non hanno molta compagnia diciamo “di genere”. Le opere di artiste sono ancora troppo poche.
La mia estrema sintesi banalizza l’immenso patrimonio racchiuso in questo scrigno. E non riesce a raccontare efficacemente la pienezza delle ore passate al suo interno. È il luogo di una narrazione storica, ma anche culturale del nostro paese. Una narrazione che possiamo leggere attraverso immagini generate dalla sensibilità e dal genio di artisti vicini a noi nello spazio e nel tempo e questo rende il tutto ancora più affascinante.

La mia visita si conclude nel suggestivo Caffè delle Arti per un’insalata e un calice di vino bianco.
Cin-cin! Auguri.

Da fare
Beh, ça va sans dire, la visita alla Galleria da soli o in compagnia.
Un prosecco al Caffè delle Arti.
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Le foto dell’articolo sono di Mary De Gregorio (NdR).

Laureata in storia a Bologna con tesi sul femminismo è insegnante e ricercatrice indipendente ed esperta di studi di genere.