poesie

Non è vero che a Roma siamo sporchi

Non è vero che a Roma siamo sporchi, una poesia (Giuseppe Dolce) per una foto (Vincenzo Gentile).

©Vincenzo Gentile

Non è vero che a Roma siamo sporchi
ladri cinici furbi mentitori.
La verità è che siamo l’opposto:
Roma è piena di artisti d’avanguardia
intelligenti geniali spiazzanti.
Ci sono mille e mille futuristi
che adorano la velocità
dei loro bolidi a quattro ruote,
che organizzano risse teatrali
inventando parole in libertà
con happening in doppia e terza fila.
C’è un numero grandissimo di Veneri
che incedono tra cumuli di stracci,
donne col cagnolino cechoviane
che lasciano per strada la materia
degli inscatolamenti di Manzoni,
situazionisti di parte reichiana
che hanno imparato a liberare l’ego
da tutti i lacci, i limiti e gli schemi,
esprimendosi liberi e in pubblico
con opere assai varie e fantasiose,
estemporanee e fuori catalogo
(fortunato il museo che le avrà).
Non si contano gli emuli di Burri
e di Fontana che bruciano plastiche
o con le buche evocano l’Oltre.
Resistono i nostalgici dell’arte
antica, certo, gli amanti dei quadri
col bosco e il lago, i cani e le anatre,
ma li tengono in casa ben nascosti,
consci che l’unica arte che conta
è quella pubblica, di e per tutti.

(Giuseppe Dolce 3.06.2019)




Le canzoni di aka Giuseppe Dolce, cantautore romano, sono ispirate a quello che succede nella vita, a Paolo Conte, a Tom Waits, a Enzo Jannacci, alle canzoni italiane dimenticate, ai blues indimenticabili e alle melodie nascoste tra le corde della chitarra.