life style

O Baraondina storna

O Baraondina storna tratto da “Naso” (Fefè Editore) di Pasquale Panella. Editore e autore ringraziamo per l’estratto.

O BARAONDINA, BARAONDINA STORNA
Molte parole famose e ripetutissime
spesso non so cosa significhino,
e non è un male, anzi un alone
fascinoso e pure bello le circonda,
e pure commovente come è commovente
il non sapere testardo.
Storno è il manto
del cavallo nero con ciuffi bianchi
di peluria stellare, e il termine deriva
dalla livrea dello storno,
il volatile che, sul petto, s’ammanta
di volta notturna con corpi
celesti tra le piume:
un planetario impettito, convesso.
Altro termine testardo e commovente
è ermo, che significa solitario
una volta per tutte.
E il moggio? È un barattolo,
una concola, una concolina.

Il naso è una parte di me
quando interpreto la parte del naso

Sì, mia cara lettrice, questo è il resto di una prima colazione giovanile. Avrai notato minime tracce, briciole, unzioni, macchioline, gocce di adolescenziali letture scapestrate, Renard, De Amicis, Wilde, Rostand, Hemingway, Artusi, Stevenson, anche Pascoli qui nel titolo al piano di sopra squarciato da versi commoventi, e aloni delle spalmabili gambe di Dietrich, resti di quel toast che fu Giovanna d’Arco, nomignoli da Shakespeare, musichette mattutine e soleggiate di Giordano, notti orientali di prima mattina, cose di questo mondo crudele e cose dell’altro Mondo inevitabile di Pannunzio, astronomie zuccherate a velo, teatrini e cinemini, l’Iliade scolastica, vasetti di marmellata per le dita, di marca Sarraute, Sollers, Butor, Robbe-Grillet – tanto per dire i tempi – al gusto di autrici e autori che nei loro libri umoristici hanno usato la parola ‘naso’. Anche in altri libri la parola appare, ma non posso ricordarli tutti. Ho già fatto tanti nomi, più di quanti ne abbia fatti in vita mia prima d’ora.

Ma di questo mi perdono. Con chi avrei consumato quella prima colazione? Con lei, con Françoise Quoirez, l’alice golosa perché proustiana, la
scapestrata nota come Françoise Sagan, che a colazione mangiava viva tutta la pasticceria narrativa a venire, spazzando vassoi tondi come decenni, e mandando in fumo se stessa e la stessa sigaretta per sempre (i veri fumatori non fumano che una sigaretta, la stessa, per sempre).

Con lei la chiacchiera era un tutt’uno, mescolato: “Gli uomini, al meglio, durano da quindici giorni a qualche mese, meno di un anno, deperibili creature nel loro romanzo. Un po’ di più dura soltanto la possibilità che non si dissolvano, ma solo la possibilità. Gli uomini, ma anche l’umanità che essi rappresentano. E cominciano a seccarmi, davvero e sul serio”.

Anche se, ora che ricordo meglio, la mia prima colazione fu, per lungo tempo, frettolosa e semplice: la ciriola del giorno prima, tagliata a strisce per il lungo e inzuppata nel latte e caffè. Ma, sai com’è, bisogna un po’ mentire per dire la verità. E questa stupida frase non è mia, credo sia di tutti.

Naso di Pasquale Panella (da cui questo estratto) è il terzo titolo della collana OGGETTI DEL DESIDERIO, curata da Lucio Saviani.