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Un grugnito o un verso

Un grugnito o un verso. Un racconto tratto da Essere un’orca e altre specie di Stefano Scanu nella collana Carvifoglio di Ronzani editore.

In questo racconto dal sapore calviniano (palomariano, in particolare) Stefano Scanu sceglie di lavorare sulle sottili alterazioni registrate nella realtà percepita. Essere un’orca e altre specie raccoglie racconti – misura tipica della prosa di Scanu qui nella misura dell’almanacco – spazio franco in cui definirsi in un confine.

La scelta dell’animale orca e l’esergo “… s’infilò in acqua liscio liscio, senza fare spruzzi né schiume, come un pesce, o come qualcuno, qualcosa più d’un pesce…” di Stefano D’Arrigo, da Horcynus Orca, non è casuale – delicatezza assassina. Gli animali sono tanti nel libro e raccontati con enfasi personale: “Una creatura primitiva che aveva deciso di vivere in casa sua, con un nome che era tutto un programma, lepisma saccharina, meglio conosciuto come pesciolino d’argento”. Come dire “il micro e il macro”.

Prosegue il lavoro di Scanu sulle zone di confine e di attrito tra abbandono e rischio di scomparsa. Continua il lavoro di salvezza a bordo dell’arca che deve recuperare cose e persone che altrimenti rischierebbero l’estinzione definitiva. Il racconto – con tutta la sua efficacia rappresentativa – ha la duplice funzione di espansione di memoria e di rapida e immediata focalizzazione. Ve ne offriamo un saggio. Buona lettura!

Un grugnito o un verso
di Stefano Scanu

Ho appena il tempo di chiudermi fuori casa e di lanciare una bestemmia che arriva fino in fondo alla tromba delle scale. Premo l’occhio sulla toppa solo per vedere le chiavi infilate nella parte sbagliata della porta, la maniglia mi rinfresca la fronte.

Penso a tutte le soluzioni al problema abbandonandole via via proprio come ho fatto col telefonino sul tavolo in cucina. Allora salgo sulla terrazza condominiale come una vedetta che aspetta il nemico ma da qui, dove la luce incendia ogni cosa, Roma sembra lontanissima e pallida, senza chiese né obelischi per riconoscerla.

Strizzo gli occhi, tra me e la città c’è appena lo spazio per questa sterminata domenica. Sette anni che vivo in questo palazzo e non c’ero mai arrivato quassù, tra le antenne che sembrano un canneto e hanno smesso di ricevere segnali; mi reggo alle due meno sghembe per studiare la situazione e comincio a pensare proprio come farebbe un ladro, ma intorno non c’è neanche un lenzuolo steso che posso usare per calarmi fin dentro la finestra dimenticata aperta.

Abbandono subito l’idea. Forse è così che si muore d’estate.

Busso a tutte le porte del palazzo aspettando una voce che non arriva mai, così esco in strada, cerco qualcuno poi cerco l’ombra e infine mi rassegno prima di sedermi sul marciapiede, nello stesso istante in cui una cicala comincia a tenere il tempo di questa spietata canicola.

Che se poi dovessi cercare un nome per questo preciso momento forse sarebbe più un grugnito o un verso; quando agosto ha già stordito il pomeriggio, la città, e qualcuno ha perso la memoria riposando un po’.

Quando il sole secca e fischia, l’asfalto è lucido di liquirizia e sciogliendosi si mangia i cavalletti di un esercito di motorini.

Beh in quel grugnito ci sarebbero i fantasmi di tutti quelli che sono andati al mare, gli androni vuoti, le mandate alle porte come pure l’inganno di sentire un motore a due tempi in lontananza con le marce che non finiscono più.

Ad aspettare ci si muore e l’acqua e l’ombra sono troppo lontane o segrete, che se ci fossero ancora le musicassette sbobinate sul ciglio della strada, capirei dal nastro che sciama come un’alga, che un po’ di vento forse ce la fa e domani è settembre.




Stefano Scanu vive a Roma. Nel 2014 ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata "Come un albero per un’ampolla", e il saggio narrativo "Buio in sala. Guida breve ai cinema di Roma", tutti per Giulio Perrone Editore.