Margherita Naval e Roma
Nella leggenda di un libro di leggende. Torna il libreria “A Roma si racconta che… leggende aneddoti curiosità” (Massimiliano Piretti Editore) di Margherita Naval. Un testo, eh già, leggendario.
Fino a qualche anno fa c’era solo questo libro azzurro cielo. In copertina, laterale, la Bocca della Verità con il suo supporto, un basamento, un puntello che solo di rado viene eternato a causa della strabordante simbolicità del volto con la bocca bucata a cui tutto i torpedoni dei turisti ambiscono con le loro mani curiose.
Fino a qualche anno fa c’era solo questo libro azzurro cielo per chi volesse sedare la proprie curiosità romane in una forma compendiata e non seriosa. A tutti gli effetti, questo volume ben stampato su carta lucida e ben fotografato (foto della stessa Naval, di Alinari, Nash, Peha, Enno, Scozzi ecc.) è stato l’antesignano misconosciuto di tante guide che oggi colonizzano il settore “Roma” delle librerie con pretese di primogenitura.
E’ meritoria quindi questa riproposizione quasi anastatica (le foto, in realtà, sono state in larghissima parte rigenerate) dell’editore Piretti che rinverdisce un mito purtroppo tramontato. Lo fa portando in IV di copertina quella che era la bandella della mia – di mio padre per la verità – antica edizione targata “Franco Spinosi Editore” (l’anno, curiosamente, non è indicato in nessuna delle parti del libro né, stranamente, mio babbo si era peritato di segnarlo come solito). Un editore ubicato al tempo dalle parti di Grotta Perfetta (via Accademia Albertina) che stampava alla tipografia Fealsena e finiva alla legatoria Sabaudia. Forse nulla di tutto questo c’è più – anche mio padre per la verità.
Ma, al di là delle imprecisioni, il testo della Naval dedicato “Alla città di Roma che amo come una creatura umana”, conserva una sua bellezza. Di scrittura e di allure passatista. La Margherita “con l’aria squisita d’una padrona di casa, è pronta a introdurvi alla ‘sua’ Roma” come recitava allora ed ora l’introduzione rimarcando la scelta del dettaglio (le suppellettili invece dei mobili, i buchi della facciata invece del Colosseo ecc.). La scelta dimessa e confidenziale era evidente nella soluzione del tutto minuscolo – Roma a parte – del titolo in copertina come a rimarcare una scelta in medias res, a stato di avanzamento del discorso e della conoscenza della città.
La stessa Naval non se lo nasconde nella lettera che apre i testi: “Non solo io so di non essere o storico o archeologo” e poi “né avevo (…) la minima intenzione o pretesa didattica” e d’altronde lo sancisce per la verosimiglianza storica “non importa indagare quanto di storico o di leggendario possa trovarsi in questi aneddoti”. La Naval non è la prima ma certo lo è di una nuova età di quelle scrittrici di “romanità” curiosa. Osservata in tralice e raccontata in allegria.
A questo libro azzurro (che in Piretti conosce il colore in copertina – dentro, il bianco e nero è rimasto a futura e passata memoria – di Palazzo Zuccari) si devono le passeggiate domenicali di molti romani curiosi. Perché, giova ricordarlo, Roma è un genere, non una città. Editorialmente parlando. Roma è un genere salvo alcune eccezioni che l’hanno resa un’opera d’arte anche letteraria, che la rendono tale e spesso transitando solo lateralmente per la guida. Non programmaticamente, insomma, come in molto dei casi che affollano i tavoli delle librerie.
Ecco, in questo affollamento, merita attenzione questa ristampa che spazia nelle leggende del tentato rapimento dell’elefantino di piazza della Minerva, dell’Est Est Est, del colpo d’occhio della serratura dell’Aventino, della porta magica di una piazza Vittorio al tempo della Naval ancora ingombra di verdurai. Storielle amene vi abbondano come quella ad esempio del Duca Mattei sfortunato nel gioco e in amore che fa erigere la fontana delle tartarughe per dimostrare la sua magnanimità. Torquato Tasso, Mozart, Raffaello, Goethe: ce n’è per tutti. Casanova al Caffè Greco, il barbiere nello stemma della Porta Pia, i sofà di via Giulia. E il ponte dei quattro capi, qual è?
Il tempo vi scorre senza requie ma neppure senza dimenticanza: allora ecco (in Garibaldiana) “Vale la pena qui ricordare che durante il suo soggiorno a Roma, Garibaldi abitò in diversi chiostri, come in quello delle Clarisse in Piazza S. Silvestro, attualmente trasformato in Palazzo delle Poste. Fa una certa impressione vedere ora accalcarsi la folla diretta ai vari sportelli, là dove un tempo si aggiravano le silenziose suore”.